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GIORNO 4

Per i più temerari del gruppo, la quarta giornata di viaggio inizia con un bagno all’alba, ad una temperatura considerata autunnale dai paesani che osservano perplessi, sotto un cielo che minaccia pioggia, ma regala dei bellissimi colori.
Poi arriva l’ora di mettersi in viaggio ed è tortuosa la strada che da Rossano ci porta all’abbazia di Santa Maria del Patìr; bastano pochi chilometri ed il paesaggio da marino si fa montano.
 

Fondata intorno al 1095 dal monaco Bartolomeo di Simeri, e dedicata a Santa Maria Nuova Odigitria, è nota anche semplicemente come “Patire”, che non sta per “soffrire”, ma deriva dal greco patèr = padre, in onore del padre fondatore.
Arrivando dal retro ci troviamo di fronte ad un’ampio prato verde e alle tre imponenti absidi; il verde della florida vegetazione attorno ci regala la stessa pace di cui devono aver beneficiato i monaci che, in epoca normanna, vi abitarono. L’abbazia divenne uno dei più ricchi e rinomati monasteri dell’Italia Meridionale; possedeva anche una ricca biblioteca e uno scriptorium, dove lavoravano monaci amanuensi per la trascrizione di antichi codici.
Dopo l’ormai tradizionale foto di gruppo con il nostro arazzo/stendardo, si riprende l’ascesa verso la Sila; i verdi si fanno sempre più intensi, gli alberi sempre più maestosi, i rossi autunnali lasciano presto il posto a muschi che sembrano esser stati messi lì, su ogni singolo tronco, da un abile decoratore.
Nel Parco Nazionale della Sila visitiamo innanzitutto un’antica segheria, ora museo, dove ci raccontano come da millenni i maestosi alberi di questi boschi sono stati utilizzati dall’uomo per le navi romane e poi bizantine, per i tetti delle basiliche, per l’edilizia civile, intagliati per battisteri, statue, portali, pulpiti, cori…
 

Poi finalmente ci immergiamo in questo verde intenso ed unico e, passeggiando su un morbido tappeto di aghi, raggiungiamo le rive del lago Cecita, dove rompiamo le fila e ci godiamo il morbido prato.
Un fragoroso scroscio d’acqua interrompe l’idillio, siamo costretti a rinunciare al pranzo all’aperto vista lago ed a rifugiarci a Camigliatello Silano. Qui l’odore balsamico dei pini ben presto si mescola nelle nostre narici con quello di salsiccia piccante alla brace, porcini e patate fritte, qui note come patate ‘mpacchiuse per la caratteristica, dovuta forse al taglio tondo, di appiccicarsi tra loro.
Anche i programmi pomeridiani vengono intralciati dalla pioggia che pare non voler smettere di scrosciare; dovevamo oziare satolli sotto qualche maestoso pino silano, passeggiare in riva all’altro lago e invece decidiamo di anticipare la discesa verso Soveria Mannelli.
Approfittiamo di un spiraglio di sole, che riesce a farsi largo tra le nuvole, e decidiamo di fare sosta all’abbazia di Santa Maria di Corazzo nel comune di Carlopoli, a pochi chilometri da Soveria Mannelli. Qui, sulle rive del fiume Corace, sorgeva l’abbazia fondata dai Cistercensi nel XII secolo, danneggiata una prima volta dal terremoto nel 1638 e poi da quello devastante del 1783; non restano che dei suggestivi ruderi, ricoperti di erbe aromatiche che, grazie alla pioggia, saturano l’aria. La ricorderemo per sempre così: abbracciata da un bell’arcobaleno e profumata di rosmarino e menta.
 

Finisce a tavola il penultimo giorno tra le risate di un gruppo di lavoro che ormai, complice il viaggio, sembra conoscersi da sempre e l’ottimo cibo dell’Agriturismo La Rosa Nel Bicchiere (Soveria Mannelli).

 

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Published in diario di viaggio