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C R O C E . P U N T O

arazzo_giulio_iacchetti
arazzo_giulio_iacchetti_particolare

dimensioni: 140 x 236 cm
numero di trame: 4386
fili per centimetro: 18
raccorciamento previsto: 16%
armature: raso, tela, saia, effetto cimosa
colori: blu ottanio

G I U L I O • I A C C H E T T I
La preziosa cattolica di Stilo (questo è il nome ufficiale della minuscola chiesa di età bizantina in provincia di Reggio Calabria) incastonata sul fianco del monte Consolino, mi ha guidato nel tracciare il pattern del mio arazzo. La sua pianta, una croce greca iscritta in un quadrato, è stata ispirazione e punto iniziale del mio lavoro. Il successivo studio del modulo quadrato e della sua concatenazione, ha restituito un disegno costituito da una distesa tridimensionale di croci greche scavate in altrettante forme cubiche.I colori, nella tonalità del grigio, contrastano la potenza grafica del pattern, ma nel contempo evocano un aspetto lapideo, il senso di un altorilievo giocato, grazie alla visione assonometrica, nel semplice spessore del tessuto.
Le croci dunque che tornano nel mio lavoro come tema ricorrente progettuale. Anni fa la declinazione del simbolo cristiano per eccellenza, aveva costituito un primo nucleo di opere esposte per la prima volta a Milano (CRUCIALE 20 Croci di Giulio Iacchetti al museo Diocesano – Milano 15 aprile/12 giugno 2011); a seguire la mostra era diventata itinerante (Via Crucis?) per l’Italia. L’idea era di incrementare ad ogni ogni tappa il numero delle croci, disegnandone una appositamente dedicata alla città che ospitava la mostra: fu così per Roma, presso la Chiesa di Santo Stefano Rotondo, e ad Enna, nel Castello di Lombardia. L’arazzo nato tra Calabria e Torri Lana, il nome della manifattura in provincia di Bergamo che si è occupata della sua fattura, è quindi solo l’ultimo capitolo dei miei progetti dedicati alla croce. Alla fascinazione verso questo segno che mi porto dentro da sempre, rispondo con il progetto. L’anelito che mi spinge a disegnare una nuova croce, è una dichiarazione che il lavoro sin qui svolto non è completo, che ancora la croce necessita di una nuova declinazione, di una nuova ricerca. Questo stato di insoddisfazione e incompletezza, attraversa il mio tempo, e così ogni volta mi cimento nel tema, arricchendo il mio personale arsenale di croci “tutte uguali per statuto, tutte diverse per stile e destinazione”, come scriveva Marco Sammicheli nella prefazione del catalogo della mostra Cruciale.
La croce è metafora della sofferenza, del trapasso da una vita all’altra, di riscatto, del silenzio, della solitudine. È incredibile e per me grande motivo di stupore, come questi valori escatologici, profondamente connessi con la vita di ogni uomo, siano rappresentati da un segno grafico di una semplicità sconcertante, ovvero due linee che si intersecano: il cielo e la terra, l’orizzonte e l’azimut, il mirino di un mitra, l’uomo vitruviano, il serramento di una finestra all’inglese. Il simbolo grafico della croce è così potente da mantenere inalterata la sua carica evocativa/eversiva a prescindere dalla presenza o meno dell’uomo crocifisso, a prescindere dalla fede che anima o non anima chi gli si fa prossimo. La croce ci interroga, ci guarda, prima di essere guardata, e il nostro sguardo, da più di duemila anni, è calamitato verso il punto focale dell’incontro dei due assi ortogonali: quel punto è il centro del mondo. Nel mio progetto di arazzo, le croci si moltiplicano evocando Escher, evocando mondi visuali digitali, evocando uno spazio lunare dove non esiste vita, ed apparentemente non esiste speranza. Il pattern continuo che ho disegnato evoca altresì il senso dell’infinito: solo l’interruzione del tessuto impone una cesura, ma in realtà le croci greche continuerebbero ad espandersi nelle due direzioni effettive e nella terza dimensione virtuale.
Infine il tema della croce (greca) e la sua reiterazione nello spazio, è metafora del mio viaggio interiore in terra calabra: ho colto sofferenza e gioia, ho visto cose meravigliose e ferite arrecate al territorio. Le miserie dell’uomo (la linea dell’orizzonte) e l’aspirazione verso un mondo più giusto (la linea verticale) è la croce che torna come simbolo doloroso di passaggio, e quindi di riscatto, sinonimo di speranza, volontà di cambiamento, fiducia nel genere umano.
 

 

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